Nonostante sia una fan di Google e di tutti i suoi prodotti, il BIG mi perdonerà se spendo due parole sulle sue scelte di design, a volte poco usabili per l’utente.
Si tratta di Google Docs, il servizio che permette di caricare e condividere documenti online dal proprio account di Google.
Ciò che ha colpito il mio interesse è l’interfaccia operativa dei sistemi di creazione e modifica dei documenti.
Iniziamo col sottolineare le scelte progettuali azzeccate (sono di parte), in linea con alcune interfacce già esistenti.
Il raggruppamento delle voci e l’impostazione dei comandi contenuti nella barra principale infatti, replica la struttura del ben conosciuto Office 2003.
Piccolo inciso: personalmente è la versione più usabile rispetto alle release uscite dal 2007 in poi, che replicano troppo l’impostazione di un’interfaccia Web, confondendo i due ambienti – interfacce WIMP e Web.
Questa scelta progettuale richiama il principio di intertestualità informatica, che consiste nel replicare l’impostazione di un programma già noto all’utente con lo scopo di migliorare l’apprendibilità del programma nuovo.
I due menu, come è facile notare, coincidono nelle voci e nel loro ordinamento.
Grazie a questa scelta di design, il richiamo a office permette di migliorare l’abilità d’uso del prodotto stesso; la facilità di apprendimento è infatti uno dei parametri di riferimento per la condizione d’usabilità.
L’utente, ricordando l’interfaccia di Office facilmente conosciuta, sa districarsi facilmente tra i menu e i comandi di Google Docs. In più, i progettisti non si sono fatti tentare dalla smania di replicare una versione ultraggiornata del prodotto, preferendo quella meno recente ma più usabile.
Applausi per Google quindi.
Ma veniamo alla nota dolente dello stesso servizio: il la visibilità del sistema.
Come ci insegna il buon vecchio Norman nella sua “caffettiera del masochista” (il volume è un pò datato, lo so, ma è un must per i progettisti), uno dei principi per rendere i compiti facili per l’utente in questi contesti è proprio la visibilità, che si riassume in due principi:
- rendere visibili le cose sul versante esecutivo di un’azione, in modo che la gente sappia che cosa può fare e come farlo
- renderle visibili sul versante della valutazione, in modo che la gente possa dire che effetto hanno le sue azioni.
Il primo principio riguarda la visibilità delle azioni che l’utente può compiere, mentre il secondo caso fa riferimento al feedback dell’azione stessa. Per ciò che riguarda il feedback, google docs rispetta questo principio, indicando sempre lo stato del sistema.
Infatti al centro, poco dopo l’ultima voce di menù, e visibile (anche se scarsamente) l’informazione “tutte le modifiche salvate”.
Stessa cosa non si può dire per le operazioni; in particolare il pulsante SALVA, che non è presente nè nella barra dei pulsanti che nel menu testuale “file”. Ciò compromette l’interazione, poiché l’utente non ha il controllo sull’azione del salvataggio, che avviene in maniera automatica ogni N secondi.
Di conseguenza l’utente perde anche il focus di attenzione sul feedback dell’azione (anche perchè quest ultima avviene dal proprio controllo), in questo caso anche poco evidente graficamente.
In questo caso sarebbe stato meglio replicare in tutto e per tutto la vincente interfaccia office, e inserire il comando di salvataggio esplicito accanto a quello automatico, e strutturare un sistema di riconoscimento chiaro di entrambi.